FAQ

Orso

 

Le Alpi sono ancora un ambiente idoneo per ospitare l'orso?

. Già gli studi sull'idoneità ambientale, effettuati prima di dare il via al progetto di reintroduzione, avevano dimostrato che l'ambiente alpino dal punto di vista ecologico era ancora buono per l'orso, per certi versi migliore di quello che c'era ad esempio 100 anni fa. Ciò è stato in seguito ampiamente dimostrato dal numero di cuccioli nati, dalla crescita della popolazione e dall'ottimo stato nutrizionale di tutti gli animali fotografati, avvistati o catturati per motivi gestionali/di studio.

E' vero che la presenza umana nelle aree frequentate dall'orso è aumentata?

È vero solo in parte, per alcune località e/o in determinati momenti (si pensi alle aree più turistiche in alta stagione) e, più in generale, per il grande aumento dei praticanti degli sport all’aria aperta registrato negli ultimi anni. Un tempo la montagna era frequentata invece con numeri probabilmente più piccoli (mancava il turismo di massa) ma in modo assai più capillare e continuo nel tempo da parte dei residenti (per alpeggio, raccolta di legna, fienagione, raccolta di lettiera, produzione di carbone, caccia ecc.).

Era proprio necessario portare in Trentino degli orsi?

Gli orsi sono sempre stati presenti sui monti del Trentino occidentale, dove non si sono mai estinti (unica zona sull’arco alpino), pur arrivando alle soglie della scomparsa definitiva. Non si è portato dunque qualcosa di “estraneo”, ma si è cercato di mantenere una specie che di fatto è sempre stata presente e che fa parte della nostra storia, cultura e tradizione. Va inoltre ricordato che è in atto un fenomeno di ricolonizzazione spontanea che riguarda non solo l’orso (lentamente, da oriente) ma anche il lupo (molto rapidamente), lo sciacallo dorato e la lince. Dunque il capitolo trentino è solo una parte di una storia più grande che è in atto da decenni ed è destinata a proseguire.

Se l'orso era quasi estinto forse un motivo c'era

Gli orsi erano quasi scomparsi a seguito della persecuzione diretta da parte dell’uomo. Per le passate generazioni di abitanti della montagna, che vivevano spesso di un’economia rurale estremamente povera, perdere tre pecore in una notte (che nessuno risarciva) poteva significare la fame dal giorno dopo. Inoltre, le consistenti taglie previste a livello governativo costituivano un ulteriore incentivo alle uccisioni indiscriminate.

Ora le condizioni socio-economiche sono notevolmente cambiate, vi è in generale una maggiore tolleranza nei confronti dell’orso e i relativi danni vengono indennizzati. Inoltre esiste oggi una normativa comunitaria e nazionale che impegna gli enti territoriali ad agire per la conservazione delle specie particolarmente protette, tra le quali è compreso l’orso bruno.

Perché spendere denaro pubblico per l’orso anziché destinarlo, per esempio, alla salute pubblica?

La spesa sostenuta per la gestione degli orsi, che è stata in parte finanziata dall’Unione Europea, non è denaro sottratto alla sanità, all’istruzione, alle infrastrutture locali o ad altri settori. Sono finanziamenti che provengono dal “comparto ambiente”, che comprende ad esempio le aree protette, la gestione della fauna e delle foreste in generale, e si tratta di risorse che nel nostro Paese, e anche in Trentino, non costituiscono una voce preminente, se confrontata con gli analoghi investimenti di altre realtà europee.

Quante sono le persone che si occupano della gestione degli orsi?

Attualmente (2022) si occupano della gestione dei grandi carnivori (orso e lupo in particolare) quattro persone (di cui una part-time) presso il Settore Grandi carnivori del Servizio Faunistico.
Per quanto concerne il grosso del lavoro sul campo, questo è affidato a una parte degli agenti del Corpo Forestale Trentino, appositamente formati, per i quali la gestione dei grandi carnivori costituisce uno dei i diversi compiti loro affidati.

I boschi non sono più sicuri per l’uomo a causa della presenza dell’orso?

L’orso è un animale selvatico potenzialmente pericoloso e che come tale va trattato e considerato. In Trentino, negli ultimi vent’anni ci sono stati moltissimi casi di incontri uomo-orso e sette attacchi all’uomo, di cui uno letale.

Se si vuole eliminare del tutto anche questo rischio, pur minimo, è necessario eliminare tutti gli orsi.

Gli orsi tendono ad assumere comportamenti volti a prevenire la possibilità di incontri sgraditi con l’uomo, come frequentare zone poco disturbate dagli umani, concentrare l’attività nelle ore crepuscolari e notturne, nascondersi e riposare nelle ore centrali della giornata. Quando gli incontri con l’uomo avvengono comunque, nella grande maggioranza dei casi gli orsi si allontanano rapidamente. La migliore strategia di prevenzione degli incontri da parte nostra è il farci percepire per tempo, ad esempio usando di tanto in tanto la voce, anche qualora ci si muova da soli e soprattutto nelle ore dell’alba e del crepuscolo, quando gli orsi sono più attivi e le probabilità di incontro relativamente maggiori.

Alcuni esemplari possono manifestare una sostanziale indifferenza per l’uomo e, incontrandolo, non fuggire, ma anche in questi casi in genere non si registrano situazioni di pericolo. Dunque anche dove ci sono gli orsi è possibile raccogliere funghi, andare a caccia, raccogliere la legna, andare a passeggio, fare sport, lasciare liberi i bambini. Va da sé che, in presenza di singoli individui di orso che, per una forte e ripetuta dannosità su patrimoni non difendibili e/o pericolosità per l’uomo risultassero incompatibili con il contesto in cui vivono, la normativa vigente prevede la rimozione dal territorio tramite abbattimento o captivazione permanente.

E in caso di incontro di una femmina di orso accompagnata dai cuccioli?

La femmina con i cuccioli, in determinati casi limite (uno fra tutti, l’incontro a sorpresa a distanza ravvicinata), potrebbe considerare l’uomo che si trovasse molto vicino come una minaccia per i propri cuccioli. In questo caso è possibile, benché raro, che l’orsa reagisca aggressivamente con una o più cariche nella direzione della persona incontrata, senza che queste si traducano in un contatto fisico (falso attacco). Ancor più di rado (generalmente nel caso di incontri a sorpresa a distanza ravvicinatissima) potrebbe verificarsi un effettivo contatto fisico (attacco) tra l’animale e l’uomo. Tale rarissima evenienza può porre a rischio l’incolumità della persona coinvolta. Per prevenire/limitare ciò, è raccomandato di evitare di reagire scompostamente, prediligendo invece una difesa passiva, rimanendo a terra a pancia in giù e proteggendosi viso e collo intrecciando le dita delle mani sulla nuca. Prima di rialzarsi, è importante accertarsi che l’animale si sia allontanato.

In linea con quanto accade in altre nazioni dove gli orsi sono presenti, cinque dei sette incidenti, di cui uno letale, ad oggi registrati in Trentino hanno coinvolto orse accompagnate da piccoli dell'anno (4 casi) e cuccioloni dell'anno precedente (1 caso).

I turisti non vengono più in trentino per paura dell’orso

È accertato che non tutti i turisti gradiscono la presenza dei grandi carnivori; la maggior parte di essi, tuttavia, li considera un forte motivo di fascino e richiamo. Nel 2002 il Parco Naturale Adamello Brenta ha effettuato un sondaggio tra i possibili turisti delle regioni limitrofe al Trentino allo scopo di verificare quale sia l’impatto della presenza dell’orso sui flussi turistici: il 78% degli intervistati si è dichiarato maggiormente interessato a una vacanza in Trentino proprio per la presenza dell’orso. L’esempio del Parco Nazionale d’Abruzzo conferma questo dato: in quelle zone infatti (dove è presente anche il lupo) si è dovuto ricorrere al numero chiuso in alcune aree per far fronte alla domanda sempre in aumento da parte dei turisti, attratti anche dalla presenza di questi animali.

Perché non si è chiesto cosa ne pensava la gente del posto prima di liberare gli orsi?

Una verifica di questo tipo è stata effettuata, in quanto ritenuta imprescindibile in primis dallo Studio di Fattibilità predisposto prima del progetto Life Ursus. Due indagini statisticamente robuste sono state pertanto svolte dal maggior istituto demoscopico in Italia (Doxa) prima della realizzazione delle reintroduzioni, nel 1997, e subito dopo, nel 2003. In entrambi i sondaggi, oltre il 70% degli intervistati delle valli del Trentino occidentale (esclusi gli abitanti delle città di Trento e Rovereto) si dichiarò favorevole alla presenza dell’orso.

Un ulteriore sondaggio effettuato nel 2011 evidenziò invece un’inversione di tendenza, registrando una maggioranza di residenti contraria alla presenza dell’orso.

Non c’è il rischio che gli orsi diventino troppi?

L’orso vive a densità molto basse (3-4 animali ogni 100 km² è la stima in ambiente alpino. Il capriolo, ad esempio, a densità medio-basse ha gli stessi valori per chilometro quadrato). Se la popolazione aumenterà numericamente, aumenterà gradualmente anche l’area di distribuzione della stessa, ferma restando la densità e dunque la possibilità/probabilità di incontrare un orso o di vederne le tracce, o di registrarne i danni in una determinata località. L’ambiente trentino si è rivelato particolarmente vocato alla presenza della specie, pertanto non è facile stabilire a priori quale sia la capacità portante dell’ambiente naturale in cui gli orsi vivono; vi è inoltre la variabile dell’impatto umano, difficile da quantificare ma inevitabilmente presente (rimozioni gestionali, investimenti stradali, atti di bracconaggio, ecc). Tuttavia, il sempre più frequente rinvenimento di orsi uccisi da altri orsi (predazioni di cuccioli e giovani da parte di maschi sessualmente maturi, uccisioni tra maschi adulti ecc) evidenzia l’esistenza di fenomeni di autoregolazione delle densità caratteristici della specie.

Com’è possibile eliminare o ridurre i danni provocati dall’orso?

I danni possono essere ridotti di molto, ma non eliminati del tutto. Animale opportunista, l’orso può essere attratto dal bestiame domestico, dagli alveari, dalle piante da frutto. Nella maggior parte dei casi, però, l’adozione di misure di prevenzione (recinzioni elettriche, cani da guardiania) opportunamente installate e gestite possono ridurre drasticamente le probabilità di avere dei danni. È chiaro invece che il pascolo ovicaprino brado (vale a dire senza custodia, neppure notturna, durante la stagione dell’alpeggio) non è compatibile con la presenza dei grandi carnivori.

Perché gli orsi problematici in cattività non possono mai essere rimessi in natura?

Il Rapporto elaborato da Ispra (la massima autorità nazionale in materia) con supporto del Muse nel gennaio 2021 (https://grandicarnivori.provincia.tn.it/News/Documento-ISPRA-sugli-orsi-problematici-in-provincia-di-Trento-gennaio-2021) evidenzia che vi sarà sempre un certo numero di orsi “problematici” (vale a dire, responsabili di comportamenti considerati incompatibili con il contesto antropico in cui vivono) in Trentino, così come ovunque nel mondo dove grandi carnivori e uomini convivono a stretto contatto. L’adozione di tutte le misure di prevenzione (es gestione dei rifiuti, rimozione degli attrattivi, prevenzione e dissuasione ecc) è necessaria ma può non essere sufficiente. Animali problematici possono manifestarsi anche semplicemente “..per la predisposizione di alcuni individui o di alcune categorie di individui..” come precisa ISPRA nello studio citato. I gradi di problematicità possono variare; la previsione dello studio è che in Trentino nei prossimi anni si debba gestire grosso modo un esemplare - ma fino a cinque - problematico all’anno. Questa gestione non significa necessariamente abbattimento, anche se in determinati casi l’abbattimento è necessario e dunque previsto.

Il documento Ispra riporta anche in modo chiaro che, una volta custodito all’interno di un’area faunistica come quella provinciale del Casteller, un orso non può essere rimesso in libertà, come pure evidenziato da diversi studi scientifici che il documento cita. L’ulteriore grado di abituazione all’uomo che la cattività inevitabilmente comporta su esemplari di per sé già problematici al punto da non poter essere lasciati allo stato libero, esclude infatti che tali animali possano ritornare nell’ambiente naturale, in quanto costituirebbero un rilevante pericolo per l’uomo.

 

Lupo

 

I lupi sono stati reintrodotti sulle montagne trentine?

No, il lupo è ritornato sulle Alpi in modo spontaneo a partire dai primi anni ‘90 quando, attraverso la Liguria, lupi di provenienza appenninica hanno raggiunto il Piemonte e la Francia. Dalle Alpi occidentali si è gradualmente intensificato un flusso di singoli lupi in dispersione verso la Svizzera e le Alpi centro orientali. Sulle Alpi centro orientali (di cui il Trentino fa parte) sono arrivati spontaneamente, a partire dal 2010 circa, anche singoli individui di lupo provenienti da est. Ne è un esempio Slavc, lupo maschio radiocollarato in Slovenia meridionale nel 2011, spontaneamente migrato in Lessinia (al confine tra Veneto e Trentino) dove, incontrando una lupa di origine italica (proveniente dalle Alpi occidentali) nel 2013 ha costituito il primo branco gravitante in quest’area della catena alpina. Da questo branco, anno dopo anno, sono partiti molti dei fondatori di nuovi branchi ora presenti in Trentino. Tali spostamenti di singoli esemplari, sia maschi che femmine (a differenza che per l’orso, dove gli ampi movimenti esplorativi sono fatti solo dai maschi) sono tipici della specie e ne determinano la grandissima capacità di ricolonizzare località anche distanti dai luoghi di vita delle popolazioni di origine: regolarmente, giovani adulti abbandonano il nucleo familiare per esplorare il territorio, in movimenti detti “di dispersione”, che possono in qualche caso raggiungere l’ordine di grandezza delle centinaia di chilometri. Laddove un esemplare solitario e in dispersione sopravviva fino a incontrare un esemplare di sesso opposto, questi possono costituire una nuova coppia, monogama, e da quel momento in poi territoriale, che si stabilisce su un’area priva di altri branchi di lupi dove, riproducendosi e difendendo il territorio, formerà un nuovo branco.

La ricolonizzazione del lupo sulle montagne trentine è peraltro inserita in un fenomeno che sta avvenendo su scala addirittura continentale: in buona parte d’Europa si sta verificando un rapido e diffuso ritorno della specie, dovuto alle migliori condizioni delle foreste rispetto al passato, all’abbondante disponibilità di specie preda (in particolare ungulati selvatici), al quadro normativo vigente e alla maggiore accettazione della specie da parte dell’uomo.

Quanti lupi ci sono in Trentino? Quanti ce ne potranno stare in futuro?

La fase di ritorno della specie sta avvenendo molto velocemente: è pertanto difficile riuscire ad affermare con precisione ed in ogni momento quanti siano i lupi in Trentino. Trattandosi di una specie territoriale, più che su un numero totale di lupi ha più senso focalizzarsi sul numero di branchi presenti. Dal 2013, anno della costituzione del primo branco (quello dei Lessini), la comparsa di nuovi nuclei riproduttivi è stata rapida, soprattutto in Trentino orientale. A fine 2021, i branchi gravitanti in tutto o in parte sul territorio provinciale sono più di 20.

E’ altrettanto difficile affermare con precisione quanti branchi di lupi potranno stabilirsi in provincia in via definitiva. Sulla base dei dati provenienti da altri contesti alpini (es. il Piemonte), dove i branchi occupano mediamente territori di circa 150 km², per il Trentino si potrebbe ipotizzare la futura presenza di circa 40 branchi.

I lupi sono pericolosi per l’uomo?

Pur dovendosi considerare il lupo sempre come un animale selvatico dal quale è dunque opportuno mantenersi a distanza, di norma esso, animale schivo ed elusivo di per sé, non attacca l’uomo, non lo riconosce come possibile preda, bensì come una minaccia da cui allontanarsi velocemente. Dunque, in caso di incontro con l’uomo, nella maggior parte dei casi si dilegua senza manifestare alcun comportamento di aggressività. Ciò vale sia per lupi solitari che per gli esemplari che fanno parte di un gruppo famigliare/branco.

Se siamo intimoriti dalla sua presenza è possibile far rumore, con la voce o altro, così da indurlo ad allontanarsi. Nel caso in cui, invece, l’animale sia lontano da noi, restiamo fermi in silenzio, riprenderà presto la sua strada.

Il timore nei confronti dell’uomo è stato maturato dal lupo in seguito a secoli di persecuzione diretta da parte dell’uomo; soprattutto negli ultimi 200 anni lo sviluppo delle armi da fuoco ha portato all’eradicazione del lupo da intere regioni e alla permanenza di pochi esemplari in altre. Secondo diversi studiosi, tuttavia, il regime di totale protezione in vigore in alcuni paesi d’Europa ormai da diversi decenni potrebbe ridurre la paura del lupo nei confronti dell’uomo. Sono infatti diversi ed apparentemente in aumento (mancano peraltro ancora dati solidi) i casi in cui vengono segnalati lupi confidenti, che non fuggono immediatamente ma che anzi tollerano la vicinanza dell’uomo anche a distanze ridotte e anche di giorno. Ancora, alcuni studiosi ritengono che una gestione che comprenda anche la possibilità di derogare alla protezione assoluta della specie, per esempio mediante abbattimenti mirati, possa contribuire a mantenere nel lupo un livello di diffidenza nei confronti dell’uomo opportuno in un contesto densamente abitato come per esempio quello alpino.

La LCIE - Large Carnivore Initiative for Europe della IUCN - International Union for the Conservation of Nature, ha recentemente stilato una tabella caratterizzante i progressivi gradi di potenziale pericolosità del lupo, in base ai comportamenti palesati da singoli esemplari o da branchi.

Tabella LCIE - Azioni da intraprendere in conseguenza degli atteggiamenti adottati dai lupi. a) monitoraggio intensivo, dissuasione; b) cattura per radiomarcaggio; c) abbattimento.

 
 
  ATTEGGIAMENTO DEL LUPO AZIONI
1 Il lupo si avvicina agli insediamenti di notte a    
2 Il lupo si muove durante il giorno in vista di insediamenti o di case sparse a    
3 Il lupo non scappa subito quando vede automobili o uomini. Si ferma ed osserva a    
4 Il lupo viene visto ripetutamente e per diversi gg a meno di 30 m da case abitate a b  
5 Il lupo si lascia avvicinare a meno di 30 m ripetutamente a b  
6 Il lupo entra ripetutamente all’interno di centri abitati   b c
7 Il lupo si avvicina a meno di 30 m dalle persone ripetutamente. Sembra essere interessato alla gente   b c
8 Il lupo attacca una persona     c
Per approfondire (es. per indagare i motivi storici reali alla base della cattiva fama della specie) si rimanda allo specifico capitolo dedicato al tema su questo sito.
 

L’allevamento e la pastorizia in montagna scompariranno a causa del lupo?

Il lupo può esercitare grossi impatti sul settore dell’allevamento e della pastorizia. Ad esempio, il pascolo incustodito degli ovicaprini in montagna si è rivelato incompatibile con la presenza del canide. Laddove il lupo è già da decenni una presenza stabile (come sulle Alpi occidentali piemontesi e francesi, in Appennino, ecc) il conflitto con la specie è, e probabilmente continuerà a lungo ad essere, elevato, ma il settore in senso lato non è scomparso, né è stato significativamente ridotto a causa del lupo. Piuttosto, a subire pesanti contraccolpi possono essere le realtà marginali già economicamente in crisi anche prima del ritorno del canide, oppure le modalità di gestione del bestiame al pascolo che non si adeguano a tale ritorno. Dati recentemente prodotti da ISPRA a seguito di uno studio sulle predazioni da lupo sul bestiame da reddito in Italia tra il 2015 e il 2019 evidenziano come, sia in Appennino che sulle Alpi, i danni da lupo tendano ad insistere su contesti aziendali che non adottano strategie gestionali adeguate e opere di prevenzione dei danni, con la conseguenza che la tendenza a subire danni si cronicizza, portando a consistenti e costanti perdite di capi di bestiame. Laddove l’economia del settore è più robusta e laddove le opere di prevenzione vengono messe in atto, i danni da lupo, pur non scomparendo del tutto, finiscono per assestarsi su livelli gestibili e tollerabili, di fatto venendo a far parte, nel tempo, del rischio d’impresa senza tuttavia diventare fattore di crisi irreversibile. Le nuove risorse che servono per la gestione del pascolo e dell’allevamento dove il lupo è presente (opere di prevenzione, indennizzo dei danni che si registrano comunque) sono messe a disposizione dagli enti pubblici in tutta Europa perché è ragionevole che tali costi ricadano sull’intera comunità e non solo sulle categorie che si trovano, loro malgrado, a dover affrontare direttamente le difficoltà che la presenza del lupo determina.

Con il ritorno del lupo gli ungulati selvatici di interesse venatorio subiranno un collasso?

Non esistono ancora molti studi robusti in grado di documentare quale sia l’impatto reale del lupo sulle popolazioni preda; ciò principalmente perché, in sostanza, dal punto di vista tecnico non è facile ponderare in modo preciso le numerose variabili in gioco. Il rapporto preda-predatore si basa sulla “sostenibilità della risorsa”, la preda, nel tempo, elemento fondamentale per garantire l’esistenza della predatore, il lupo, in un dato territorio. Tale "sostenibilità" trova riscontro anche nella disponibilità numerica delle specie-preda, incentivando il lupo a predare la specie più abbondante. Se le prede non sono numericamente sufficienti a sostenere un branco, l’areale del branco si allarga per consentire uno sfruttamento nel tempo e nello spazio della risorsa.

In generale comunque si ritiene che nelle prime fasi del ritorno del lupo, in particolare con l’affermarsi di un nuovo branco in una zona dove la specie era assente da tanto tempo, l’impatto del canide su ungulati selvatici come cervo e capriolo (cinghiale e camoscio subiscono contraccolpi meno evidenti) possa essere significativo. Tale fenomeno è in parte legato al fatto che le prede non sono più abituate al predatore e non sono immediatamente in grado di adottare strategie difensive, quali ad esempio aumentare il grado di attenzione. Tuttavia, con il tempo, il grande carnivoro e le specie preda con le quali esso si è co-evoluto tendono a ripristinare l’equilibrio (un equilibrio in ogni caso dinamico, soggetto a fluttuazioni) che da sempre li ha contraddistinti. Soprattutto nelle fasi iniziali di ricolonizzazione del canide di un dato territorio, è importante che nella pianificazione faunistica/venatoria si tenga monitorato il fenomeno in atto, tarando i tassi di prelievo in modo tale da evitare una eccessiva pressione aggiuntiva da parte dell’uomo. Nel medio e lungo periodo, comunque, in ambiente alpino non si sono finora riscontrate particolari criticità nella convivenza tra il prelievo del lupo e quello umano a carico degli ungulati selvatici.

Costituisce un’eccezione il caso del muflone, specie alloctona (non originaria dell’ambiente alpino) e dal comportamento gregario, arrivata sulle Alpi a seguito di immissioni, spesso illegali, operate dell’uomo. Il muflone, in particolare se inserito in ambienti poco idonei dal punto di vista climatico e poco provvisti di zone rifugio scoscese, può subire pesantissime conseguenze - in qualche caso irreversibili in termini di consistenze e densità - dalle predazioni del lupo.

 
 

Prevenzione e risarcimento dei danni da grandi carnivori

 

Quali sono le migliori opere di prevenzione dei danni da grandi carnivori?

  • Per quanto riguarda i danni da orso agli apiari o ai pollai, la migliore soluzione è l’allestimento di recinzioni elettrificate a protezione degli stessi. Ciò contribuisce, più in generale, ad evitare di attirare gli orsi nei pressi di centri abitati e abitazioni isolate;
  • Per quanto riguarda i danni da orso e, soprattutto, da lupo agli animali da reddito, i migliori risultati nella prevenzione dei danni si ottengono con una combinazione di metodi: uso di ricoveri notturni (stalle o recinzioni elettrificate), presenza di personale di custodia (proprietari degli animali, pastori), uso di cani da protezione appartenenti a razze idonee alla difesa del bestiame;
  • Nel caso del bestiame al pascolo è opportuno allontanare prontamente potenziali ulteriori fonti di attrazione (es. animali deceduti in alpeggio, placente a seguito di parti, ecc).

Esistono degli aiuti da parte della Provincia per l’acquisizione delle opere di prevenzione?

. Al fine di rendere compatibile la presenza dei grandi carnivori con quella dell’uomo, l’Amministrazione provinciale concede sostegni per l’adozione di opere di prevenzione. Il sostegno può attuarsi con:

  • Il comodato d’uso gratuito, ovvero la cessione diretta di materiali per la realizzazione di reti e recinti multifilo elettrificati. Il comodato, della durata di otto anni, è garantito dal personale del Corpo Forestale Trentino, attraverso la stipula di appositi contratti tra l’amministrazione pubblica e l’utente;
  • Il comodato breve o prestito (ovvero la cessione temporanea di recinzioni elettrificate o moduli abitativi/box elitrasportabili, per un massimo di alcuni mesi);
  • Il finanziamento. La formula del finanziamento prevede il rimborso per l’acquisto dei materiali necessari alla realizzazione di recinzioni elettrificate, o per l’acquisto di cuccioli di cane da protezione di razza Maremmano Abruzzese.

Il rimborso del finanziamento copre rispettivamente:

  • il 60% delle spese di acquisto se la misura di prevenzione riguarda patrimoni zootecnici bovini, equini . Nel caso di equini e bovini, salvo casi particolari i finanziamenti sono indirizzati, rispettivamente, alla protezione di puledri e alla protezione di vitelle/manzette di meno di 15 mesi di età. Sono pertanto esclusi cavalli e bovini adulti, statisticamente molto meno a rischio di predazione rispetto alle categorie sopra elencate;
  • il 90% se l’opera andrà a proteggere patrimoni zootecnici ovicaprini, asini, pony di piccola taglia e camelidi (lama e alpaca)e, esclusivamente in Trentino occidentale (ad ovest del fiume Adige) pollai e  patrimoni apistici.

Chi ha diritto a comodati o finanziamenti?

Hanno diritto a richiedere comodati o finanziamenti:

  • I detentori di patrimoni zootecnici o apistici, sia titolari di partita IVA che hobbisti;
  • Possono accedere a comodati brevi (prestiti) anche non residenti che trascorrano i mesi estivi in alpeggio sul suolo provinciale (es. pastori ovicaprini transumanti);
  • Per quanto riguarda le opere di prevenzione a tutela degli apiari, hanno diritto alla richiesta quanti detengono patrimoni apistici in Trentino occidentale (ad ovest del fiume Adige), ovvero l’area di presenza stabile dell’orso bruno. Va da sé che, anche nel raro caso di danni da orso in Trentino orientale (dove la specie non è stabilmente presente e dove la comparsa di singoli animali è sporadica), eventuali danni saranno risarciti al 100% dall’amministrazione provinciale.

Di norma non vengono fornite opere di prevenzione a difesa delle colture agricole dai danni da orso, per ragioni sia di costi (non è realizzabile difendere con recinti elettrificati tutti i campi) che di impatto paesaggistico.

Cosa sono i box elitrasportabili e come si richiedono?

  • I box elitrasportabili sono dei piccoli moduli abitativi ad uso cantieri, che l’amministrazione può concedere in comodato breve (prestito) a pastori che trascorrono il periodo di alpeggio estivo su pascoli di difficile logistica, ovvero privi di strutture di ricovero per il pastore e privi di strade di accesso. I box vengono trasportati in quota ad inizio estate tramite il Nucleo Elicotteri provinciale e riportati a valle a fine alpeggio. Tale forma di sostegno è finalizzata a favorire la presenza di pastori insieme al bestiame e dunque la corretta gestione dello stesso (es. stabulazione notturna all’interno di reti elettrificate) nei luoghi di presenza dei grandi carnivori;
  • Gli utenti che intendano usufruire del servizio devono compilare il modulo di richiesta per il box e inviarlo all’indirizzo PEC presente nell’intestazione del modulo stesso, oppure consegnarlo alla stazione forestale di riferimento;
  • La domanda va effettuata entro il 31 marzo di ogni anno, corredata di copia del documento d’identità del richiedente;
  • Con il supporto del Servizio Foreste, il Servizio Faunistico gestisce l’istruttoria. Per le domande accolte, i box forniti dall’amministrazione potranno essere trasportati in quota;
  • Alla consegna, al richiedente è richiesto l’immediato ancoraggio degli stessi al suolo, così come è richiesta la restituzione del manufatto nelle stesse condizioni in cui è stato consegnato.

Come si richiede un comodato d’uso gratuito per un’opera di prevenzione (box esclusi)? Cosa succede dopo la richiesta?

  • La domanda si inoltra compilando l’apposito modulo.
  • Gli hobbisti devono applicare al modulo una marca da bollo da 16 euro, annullata es. apponendo una firma e/o la data sopra di essa; per i titolari di partita IVA legata al patrimonio da difendere (imprese) la marca da bollo non serve;
  • Il modulo va inviato, unitamente a copia del documento d’identità del richiedente, all’indirizzo PEC presente nell’intestazione del modulo stesso, oppure consegnandolo alla stazione forestale di riferimento;
  • Le istanze di comodato riguardano reti e recinzioni elettrificate multifilo a protezione di patrimoni zootecnici ovicaprini, asini, pony di piccola taglia e camelidi (lama e alpaca), oppure pollai epatrimoni apistici (per questi ultimi casi, nel solo Trentino occidentale);
  • Per le pratiche accolte, il richiedente sarà contattato telefonicamente dal personale forestale incaricato, con il quale si concorderanno luogo, data e modalità della consegna del materiale direttamente fornito dall’amministrazione (pacchetti completi di elettrificatore a rete o batteria in base alle esigenze del richiedente, messa a terra, eventuali batteria ricaricabile e caricabatterie, tester, picchetto di messa a terra, tabelle segnaletiche, rete/i oppure paleria, conduttori, isolatori e cancelli a molla);
  • Alla consegna si stipulerà un contratto di comodato d’uso gratuito del materiale, della durata di 8 anni, che impegna il ricevente a utilizzare e gestire l’opera nel migliore dei modi (pena il mancato rimborso in caso di danni), nonché a restituire il materiale in caso di dismissione anzitempo dell’attività;
  • La manutenzione ordinaria (rimpiazzo di batterie ricaricabili non più efficienti, sostituzione di conduttori deteriorati) è a carico del richiedente. L’amministrazione si fa invece carico di sostituire materiali difettosi o elettrificatori guasti che, se possibile, riparerà e riutilizzerà.

Come si richiede un finanziamento per un’opera di prevenzione? Cosa succede dopo la richiesta?

  • La domanda si inoltra compilando l’apposito modulo.
  • Gli hobbisti devono applicare al modulo una marca da bollo da 16 euro, annullata es. apponendo una firma e/o la data sopra di essa; per i titolari di partita IVA legata al patrimonio da difendere (imprese) la marca da bollo non serve;
  • Il modulo va inviato, unitamente a copia del documento d’identità del richiedente, all’indirizzo PEC presente nell’intestazione del modulo stesso, oppure consegnandolo alla stazione forestale di riferimento;
  • Il finanziamento di opere di prevenzione riguarda reti, recinzioni elettrificate multifilo o steccati in legno elettrificati a protezione di patrimoni zootecnici ovicaprini, equini, bovini e camelidi diverse da quelle concedibili in comodato; cuccioli di pastore Maremmano Abruzzese a protezione di patrimoni zootecnici ovicaprini, bovini, camelidi o equini; moduli in legno (“bienenhaus”) protetti da uno steccato in legno elettrificato a protezione di patrimoni apistici (nel solo Trentino occidentale);
  • L’istruttoria di finanziamento è più complessa rispetto al comodato d’uso gratuito sopra descritto, pertanto richiede tempi più lunghi (a seconda del tipo di opera, 3 - 6 mesi dall’inoltro della domanda al rimborso - dopo l’esecuzione dell’opera da parte del richiedente - della somma finanziata);

Al ricevimento della domanda, il Servizio Faunistico - Settore Grandi carnivori:

  • Risponde alla domanda con una nota scritta di avvio procedimento;
  • Valuta la richiesta, se necessario effettuando un sopralluogo sul sito dove si intende costruire il manufatto o inserire cani da guardiania;
  • Per le domande accolte, predispone una tabella di stima della massima spesa ammissibile al rimborso;
  • Per le domande accolte, invia al richiedente una notifica di accoglimento scritta, completa della relativa Determinazione del Dirigente e contenente, tra l’altro, un modulo di autodichiarazione sostitutiva che, a fine lavori, andrà compilato e restituito nelle stesse modalità usate per inoltrare la richiesta (allegando ancora una volta copia del documento d’identità), insieme a copia quietanziata della fattura/e relativa/e ai materiali acquistati alla notifica potrà essere allegato anche modulo di autodichiarazione relativo alla ritenuta d’acconto del 4% per le imprese;
  • Dalla data di ricevimento della notifica di accoglimento, il richiedente ha 60 giorni di tempo per acquistare e mettere in opera il materiale necessario (su richiesta scritta può essere concessa un’unica proroga);
  • Dalla data della messa in opera, il richiedente ha 60 giorni di tempo per comunicare all’amministrazione l’avvenuta realizzazione dell’opera stessa, inviando i documenti sopra descritti;
  • L’amministrazione rimborserà la quota finanziata (60% o 90% in base ai patrimoni) sul conto corrente indicato dal richiedente nella domanda;
  • Per le PARTITE IVA, dal 1 gennaio 2022 i finanziamenti di questo tipo rientrano nel regime di DE MINIMIS.

Cosa sono i cani denominati “da guardiania” o “da protezione”?

I cani denominati “da guardiania” o “da protezione” sono cani appartenenti a razze idonee alla difesa del bestiame nel caso di tentativi di predazione da parte dei grandi carnivori selvatici. Tali razze (es. pastore Maremmano Abruzzese, cane da montagna dei Pirenei, pastore del Caucaso, pastore dell’Anatolia ecc.) si sono sviluppate in Eurasia sin dalla domesticazione del bestiame e in particolare degli ovicaprini, da sempre molto esposti ai rischi di predazione da lupo e orso. Tali cani, solitamente di grande taglia, vanno correttamente inseriti fin dai primi mesi di vita nel gregge/mandria che da adulti andranno a difendere. La protezione del bestiame è un’attività che li occuperà a tempo pieno e, se sono stati correttamente inseriti e socializzati con il bestiame, verrà esplicata in modo in gran parte istintivo. Non vanno pertanto confusi con i tipici e scattanti “cani da pastore” di taglia minore, ovvero i cani, idonei ad apprendere ed eseguire molteplici comandi, comunemente impiegati dai pastori per condurre/movimentare il bestiame mentre questo pascola o si sposta. Maggiori informazioni sui cani da protezione sono disponibili qui: manuale Life Dinalp Bear.

Che cani da protezione finanzia la PAT? Come si richiede un finanziamento all’acquisto di uno o più cani?

  • L’Amministrazione provinciale finanzia fino a due cani da protezione (due o più cani, a seconda della quantità di animali da proteggere, sono molto più efficaci nella protezione rispetto a un singolo cane) di razza Maremmano Abruzzese, di età compresa tra i due e i sei mesi, con pedigree, microchip, piani vaccinale e di sverminazione completati e certificato di buona salute sottoscritto da un veterinario;
  • I cuccioli devono essere figli di genitori attivi sul campo e idonei alla protezione di bestiame;
  • L’Amministrazione può supportare il richiedente nel reperimento di cuccioli che rispondano alle caratteristiche richieste nonché, in seguito, nell’assistere chi riceve i cani con informazioni e consigli;
  • Il finanziamento dei cani da protezione si richiede adottando lo stesso modulo in uso per gli altri finanziamenti. Gli hobbisti non titolari di partita IVA legata al patrimonio da proteggere dovranno applicare al modulo di richiesta una marca da bollo da 16 Euro;
  • Vige la stessa procedura valida per gli altri finanziamenti, descritta nel punto “Come si richiede un finanziamento per un’opera di prevenzione” su queste FAQ;
  • Come per le recinzioni finanziate, dalla data di ricevimento della notifica di accoglimento della domanda il richiedente ha 60 giorni di tempo per reperire il cucciolo (su richiesta scritta può essere concessa un’unica proroga);
  • Come per le recinzioni finanziate, dalla data di acquisizione del/i cucciolo/i il richiedente ha 60 giorni di tempo per comunicarlo all’amministrazione inviando autodichiarazione sostitutiva, copia del documento d’identità, fattura/e quietanziata/e.

Quanto grandi possono essere le recinzioni elettrificate finanziate o concesse in comodato?

L’entità del finanziamento e le dimensioni delle recinzioni finanziate o consegnate in comodato sono stabilite in base al numero di alveari detenuti nel caso del patrimonio apistico, e del numero e tipologia di animali detenuti nel caso del patrimonio zootecnico, in quest’ultimo caso in funzione della stabulazione notturna (non è dunque contemplata la recinzione elettrificata di intere aree di pascolo). L’amministrazione individua le dimensioni delle recinzioni elettrificate multifilo, o il numero di moduli da 50 m di reti elettrificate, consultando specifiche tabelle (individuate da specifica Determinazione del dirigente del Servizio Faunistico) che rapportano le dimensioni delle recinzioni al numero di alveari o di capi ovicaprini, asini pony di piccola taglia o camelidi detenuti. Per il patrimonio zootecnico in generale, alle tabelle di base possono essere affiancati calcoli basati sui m²/capo e sui giorni/anno di utilizzo delle recinzioni, in funzione delle necessità di benessere animale.

È possibile ottenere finanziamenti di opere di prevenzione diverse per lo stesso patrimonio da difendere (ad esempio sia la recinzione elettrificata che uno/due cani)?

Il cane da protezione è considerato opera di prevenzione a tutti gli effetti, anche ai sensi del rimborso di eventuali danni. Pertanto, il suo finanziamento è stato, fino a fine 2021, considerato alternativo a quello delle reti o recinzioni multifilo elettrificate. Tuttavia, dopo l’ingresso dei finanziamenti delle opere di prevenzione nel regime di DE MINIMIS a partire dal 1 gennaio 2022, è ora possibile richiedere entrambi i tipi di finanziamento a tutela dello stesso patrimonio. Ciò sia per le partite IVA sia per gli hobbisti.

Se riscontro un presunto danno cosa devo fare?

  • Nel caso si riscontri un presunto danno da grande carnivoro (lupo, orso, lince) va contattato nel più breve tempo possibile, e comunque non oltre le 24 ore, il personale forestale di zona per comunicare l'evento;
  • Se ritenuto necessario, sarà organizzato entro le 24 ore successive (12 ore per i patrimoni apistici) l'accertamento del danno da parte del personale forestale appositamente formato. In tal caso, il danneggiato è tenuto a mantenere inalterato il quadro predatorio fino al completamento dell'accertamento del danno;
  • Se intenzionato a richiedere il rimborso, il danneggiato è tenuto a compilare in tutte le sue parti l’apposito modulo: domanda di indennizzo dei danni causati da predatori selvatici - PER CHI ESERCITA ATTIVITA' DI IMPRESA AGRICOLA / domanda di indennizzo dei danni causati da predatori selvatici - PER CHI NON ESERCITA ATTIVITA' DI IMPRESA AGRICOLA;
  • Il modulo va inviato entro 60 giorni all’indirizzo PEC presente nell’intestazione del modulo stesso, unitamente a copia del documento d’identità, o consegnato alla stazione forestale di riferimento;
  • In alternativa, il modulo di richiesta di indennizzo può essere consegnato, previa compilazione sul posto all’atto del sopralluogo, direttamente al personale forestale che accerta il danno.

Come e quanto viene rimborsato un danno?

Il danno viene indennizzato qualora:

  • sia accertata/accertabile la responsabilità di orso, lupo o lince;
  • i patrimoni danneggiati siano detenuti in conformità alle leggi vigenti;
  • ove previsto, il danneggiato abbia adottato le misure di prevenzione previste.

Il danno da Grande Carnivoro viene indennizzato:

  • in regime di DE MINIMIS per le imprese agricole;
  • nella misura del 100% del valore medio di mercato del bene danneggiato.

La quantificazione è operata:

  • con riferimento al prezzo medio di mercato applicato a livello provinciale;
  • secondo valori fissati, per quanto possibile, attraverso la concertazione con i rappresentanti delle categorie economiche presenti al tavolo di concertazione;
  • aggiungendo al costo dei materiali un indennizzo forfettario variabile fra il 10% e il 30% a ristoro delle spese accessorie (lavoro, trasporti ecc..) e del maggior danno dovuto a capi gravidi.

E’ escluso l’indennizzo:

  • dei danni da predatori diversi da orso, lupo e lince;
  • dei danni arrecati dai predatori alle mangiatoie per il foraggiamento della fauna selvatica;
  • delle richieste incomplete o inoltrate oltre i termini previsti.

Come e da chi devono essere smaltite le carcasse degli animali domestici predati?

Il destino della carcassa di un domestico predato (smaltimento o interramento sul posto) è competenza dei veterinari dell’APSS - Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari attraverso apposita ordinanza del sindaco del comune territorialmente competente. Lo smaltimento/interramento è a carico dell’allevatore. Qualora l’allevatore subisca un danno rilevante o reiterato attribuibile a un grande carnivoro, gli UDF del Servizio Foreste e/o il Servizio Faunistico, con proprio personale e mezzi, potranno supportare l’allevatore nel recupero.

Per informazioni di dettaglio, consultare la brochure “Se muore un animale in alpeggio".

Come devono essere gestiti i rifiuti organici ed altre potenziali fonti di cibo nelle aree di presenza dei grandi carnivori?

  • E’ importante che tutto ciò che potrebbe attirare i grandi carnivori vicino all’uomo, agli edifici o al bestiame domestico sia tenuto, per quanto possibile, fuori dalla loro portata. Ciò vale per il lupo, che potrebbe essere attirato vicino a malghe e concimaie di stalle dalla presenza dei resti di animali morti, di placente e di altri resti commestibili, e a maggior ragione vale per un onnivoro opportunista come è l’orso. Il plantigrado può essere attirato non solo da quanto sopra elencato, ma anche da cassonetti dell’organico, composter, mangimi per animali e molto altro;
  • L’avvicinarsi dei grandi carnivori alle strutture antropiche a causa della presenza di fonti di attrazione trofiche può portare a danni di altro tipo (al patrimonio zootecnico, alle strutture, a pollai, apiari ecc) ma, soprattutto, può avere come pericolosa conseguenza una progressiva perdita di timore nei confronti dell’uomo;
  • Un orso o un lupo che perdano la consueta prudenza possono diventare un problema, per via della tendenza a intensificare nel tempo i comportamenti sgraditi (confidenza eccessiva, serialità nei danni ecc) a causa dei “premi” in cibo ottenuti. Nel tempo, la reiterazione di comportamenti simili può rendere addirittura pericolosi per l’uomo gli animali coinvolti;
  • In tal senso, la peggiore delle evenienze è la fornitura di cibo volontaria da parte dell’uomo (es. per fotografarli, perché “poverini, hanno fame…”). Un orso o un lupo che, soprattutto in giovane età, facciano l’esperienza di essere alimentati direttamente da persone, possono andare incontro a una rapida assuefazione all’uomo che li renderà via via più sfrontati nel richiedere cibo, fino a diventare pericolosi. Animali simili dovranno essere inevitabilmente rimossi tramite abbattimento.

Per tali motivi e a scopo preventivo, in Provincia Autonoma di Trento:

  • vengono concesse opere di prevenzione mirate a prevenire l’avvicinamento dei grandi carnivori agli insediamenti (ad esempio, proteggendo i pollai dalle attenzioni degli orsi tramite recinzioni elettrificate);
  • si fa quanto possibile per sensibilizzare le persone sull’argomento;
  • sono in atto protocolli gestionali mirati a prevenire e per quanto possibile modificare (es. tramite il condizionamento negativo con l’uso di proiettili di gomma e cani da orso) eventuali comportamenti potenzialmente pericolosi;
  • per quanto riguarda l’orso, l’Amministrazione è da tempo impegnata, e continuerà ad esserlo nei prossimi anni, in una progressiva sostituzione dei bidoni dell’organico, e/o nella progressiva modifica delle modalità di raccolta dello stesso, con strutture anti orso e/o pratiche gestionali che prevengano l’utilizzo di rifiuti organici da parte degli orsi nelle aree di presenza stabile della specie (Trentino occidentale).

Nel caso di investimento stradale che coinvolga un orso (o un lupo), ho diritto al risarcimento dei danni?

Con la Delibera n. 1522 del 10 settembre 2021, la Giunta Provinciale ha eliminato la previsione che consentiva l’indennizzo dei danni provocati dall’investimento dell’orso bruno, unica specie per la quale era ancora previsto un rimborso. Ciò in primo luogo poiché, rispetto a tali danni, non si giustifica un trattamento differenziato fra l’orso bruno e la restante fauna selvatica (lupo compreso), per la quale non è previsto alcun indennizzo; in secondo luogo perché le compagnie assicurative offrono, ormai da tempo, polizze di costo contenuto, che sollevano l’assicurato dal rischio del danno da investimento di animali, senza distinzione di specie.