Il lupo è pericoloso?

Al di là degli aspetti culturali che nel tempo hanno indubbiamente e variamente influenzato la nostra “percezione del lupo” in senso lato, la cattiva fama della specie in termini di pericolosità ha radici profonde, sviluppate negli ultimi secoli probabilmente e soprattutto per due motivi reali. Primo, negli ultimi secoli (e fino al secondo dopoguerra del Novecento) gli habitat naturali di tutta Europa (in primis le foreste) versavano in una situazione di progressiva riduzione, fino a raggiungere localmente l’estinzione delle classiche specie preda selvatiche del lupo, a causa dell’eccesso di prelievo da parte dell’uomo per motivi alimentari. Nelle aree generalmente occupate dagli ungulati selvatici, specie domestiche come ovini e caprini trovarono enorme diffusione, finendo per costituire, insieme ai rifiuti di origine umana, la principale fonte alimentare del lupo, che si trovò quindi a vivere in contiguità via via maggiore con l’uomo. Questa contiguità spaziale, unitamente all’assenza e/o scarsa diffusione di armi da fuoco, portò inevitabilmente a fenomeni di confidenza e, occasionalmente, persino a episodi di predazione sull’uomo. In particolare, in tutta Europa (Italia compresa) si hanno notizie fino all’inizio del XIX secolo di attacchi da lupo soprattutto ai danni di bambini costretti fin da tenera età, all’epoca, a custodire gli animali domestici al pascolo.

Secondo, e non meno importante aspetto che ha contribuito alla percezione di pericolosità del lupo, fu la diffusione generalizzata, nei secoli scorsi, della rabbia silvestre, malattia dagli esiti mortali veicolata principalmente dalla volpe ma trasmissibile a molte altre specie, lupo e uomo compresi. In presenza della rabbia, negli archivi dell’Europa dell’epoca, si registrarono ripetuti episodi documentanti di improvvise, sorprendenti e violente aggressioni da parte di singoli lupi “indemoniati” (all’epoca, in assenza di conoscenze medico-scientifiche, questa era la spiegazione più plausibile) che attaccavano mordendo chiunque incontrassero, persino in pieno giorno e dentro i centri abitati. Le persone ferite da tali animali si ammalavano e in breve morivano, non di rado manifestando, nelle fasi finali della terribile malattia, gli stessi atteggiamenti psicotici palesati dai lupi rabidi che le avevano attaccate.

È intuibile come episodi simili (le predazioni sui pastorelli, i lupi “indemoniati”) possano avere scavato solchi profondi nella psiche collettiva, arrivando a giungere fino ai giorni nostri.

In seguito ai progressi della scienza, alla creazione del vaccino anti rabbia e all’eradicazione della rabbia stessa dall’Europa occidentale, nonché in seguito alla grande diffusione delle armi da fuoco, alla persecuzione sistematica del lupo e, soprattutto, ai grandi cambiamenti socio economici dell’ultimo secolo, la passata (e oggi ben contestualizzabile) maggiore pericolosità del lupo è stata enormemente ridimensionata. Oggi le specie preda selvatiche costituiscono la fonte alimentare principale del canide (che preda il bestiame domestico non più per necessità quotidiana ma per l’estrema facilità di predazione dello stesso); la rabbia è lontana e comunque controllabile; i bambini costretti a stare soli a margine o dentro i boschi per pascolare pecore e capre sono solo un ricordo. Soprattutto, il lupo ha acquisito un grande timore ad approcciare gli esseri umani. A fronte della presenza attuale, in Europa, di oltre 17.000 lupi, non si registrano se non in casi rarissimi (solitamente legati a condizionamento alimentare, ovvero a lupi resi troppo confidenti da persone che danno loro del cibo) di aggressione all’uomo.

Secondo diversi studiosi, il regime di totale protezione in vigore in alcuni paesi d’Europa ormai da diversi decenni potrebbe ridurre la paura del lupo nei confronti dell’uomo. Sono infatti diversi ed apparentemente in aumento (mancano peraltro ancora dati solidi) i casi in cui vengono segnalati lupi confidenti, che non fuggono immediatamente ma che anzi tollerano la vicinanza dell’uomo anche a distanze ridotte e anche di giorno. Ancora, alcuni studiosi ritengono che una gestione che comprenda anche la possibilità di derogare alla protezione assoluta della specie, per esempio mediante abbattimenti mirati, possa contribuire a mantenere nel lupo un livello di diffidenza nei confronti dell’uomo opportuno in un contesto densamente abitato come per esempio quello alpino. La LCIE - Large Carnivore Initiative for Europe della IUCN - International Union for the Conservation of Nature, ha recentemente stilato una tabella caratterizzante i progressivi gradi di potenziale pericolosità del lupo, in base ai comportamenti palesati da singoli esemplari o da branchi. La Provincia Autonoma di Trento è intenzionata a seguire le prescrizioni di tale tabella, prima di tutto concentrandosi nella prevenzione degli atteggiamenti che possano favorire la comparsa di individui troppo confidenti nei confronti dell’uomo.

Tabella LCIE - Azioni da intraprendere in conseguenza degli atteggiamenti adottati dai lupi. a) monitoraggio intensivo, dissuasione; b) cattura per radiomarcaggio; c) abbattimento.

 
  ATTEGGIAMENTO DEL LUPO AZIONI
1 Il lupo si avvicina agli insediamenti di notte a    
2 Il lupo si muove durante il giorno in vista di insediamenti o di case sparse a    
3 Il lupo non scappa subito quando vede automobili o uomini. Si ferma ed osserva a    
4 Il lupo viene visto ripetutamente e per diversi gg a meno di 30 m da case abitate a b  
5 Il lupo si lascia avvicinare a meno di 30 m ripetutamente a b  
6 Il lupo entra ripetutamente all’interno di centri abitati   b c
7 Il lupo si avvicina a meno di 30 m dalle persone ripetutamente. Sembra essere interessato alla gente   b c
8 Il lupo attacca una persona     c